domenica 15 maggio 2011

2009, quando Ibu Robin è stata a Palermo....

L´Aula Magna dell´Ospedale Cervello di Palermo è piena di gente, siamo tutti lì per l´incontro tanto atteso, con Ibu Robin Lim, "l´ostetrica dai piedi scalzi" che viene da Bali.

Tanti bambini gironzolano per la sala o lanciano gridolini in braccio alle mamme. Ibu non va in luoghi dove non siano accolti anche i bambini, perché sa quanto questo sia importante non solo per loro, ma anche per le mamme: e non soltanto perché non sanno dove lasciarli, ma perché quando si diventa mamma si capisce che abbracciare ed essere abbracciati è bello, anzi che è tutta lì la bellezza.

Ibu vuol dire Mamma: lei è mamma prima di tutto di sette figli, e poi mamma di tutti i bimbi che ha fatto nascere, tanti che non si possono neppure più contare. Eppure, seduta dietro il grande tavolo dell´Aula "Maurizio Vignola", al primo sguardo sembra piuttosto una farfalla, esile nella sua lunga gonna colorata, i piedi calzati in scarpe rosse leggere, lo scialle ampio che le scivola sul pavimento, i lunghi capelli neri. Una farfalla dal sorriso di bambina.

"Si può creare la pace nel mondo con un bambino alla volta, e ogni sogno comincia con un piccolo passo di quel bambino", dice. Nessuno la chiama "dottoressa" nonostante i suoi titoli; e solo il dott.Giordano, appassionato sostenitore dell´"utopia concretizzabile", premette Ibu al suo nome.

"Il potere appare sotto tre forme: natura, cultura e scienza, e vanno armonizzate insieme", dice lei, aggiungendo che nascere è naturale, e dunque dovrebbe esser consentito a tutti i bambini, così come partorire a tutte le donne. La relazione d´amore madre/bimbo è essenziale ed influisce su tutta la nostra vita, e questo paese, così ricco di raffigurazioni della Madonna che allatta, sembra a Ibu Robin particolarmente adatto a recepire quest´idea.

L´ansia dei medici, le fa notare Giordano, che si autodefinisce "animale da sala parto", è legata all´emergenza che può sopravvenire durante il parto e ad eventuali risvolti legali; è possibile, chiede, fare una stima degli imprevisti? E in che modo vengono affrontati? E qui Ibu scopre la verità dolorosa: che negli ospedali privati, in Indonesia (ma, forse in misura inferiore, anche qui) il 90% dei parti cesarei avviene appunto per prevenire gli imprevisti: ma le donne povere non se li possono permettere, e sono le sole che non hanno diritto a questa misura di "prevenzione". Accade addirittura che la struttura ospedaliera privata si rifiuti di dare il bambino alla madre al momento della dimissione, e che lei debba andare ad allattare ogni dodici ore - con tutte le possibili conseguenze nefaste su lei stessa e sul piccolo - finché non finisce di pagare. Così i centri di Ibu Robin accolgono soprattutto donne povere, e la

"prevenzione" avviene acutizzando l´intuito. L´intuito, dice Ibu, nasce da un sentimento d´amore tra l´ostetrica, la madre e il medico. Così si armonizzano le tre forme di potere - cultura, natura e scienza - di cui sopra; così è possibile superare le più assurde difficoltà contingenti, come ad esempio il non avere un´ambulanza per trasportare la madre in ospedale.

Bisogna saper attendere, dice Ibu. Non sono le mamme le pazienti, perché partorire non ha niente a che fare con la patologia; pazienti sono coloro che sanno aspettare il momento giusto, anche per tagliare il "tralcio ombelicale" (bello questo termine usato da Giordano: io non lo conoscevo e mi ha evocato grappoli di bambini...). E´ un´aggressione quella del taglio del cordone (e anche qui in Occidente, ma da quanti decenni Leboyer prova a farcelo comprendere?). Per gli indonesiani la placenta è la manifestazione dell´Angelo Custode del bambino, è fatta come lui: e quindi tutto ciò che si fa alla placenta si fa al bambino stesso.

E con la sua grazia, Ibu aggiunge che comunque lei parla d´amore: e l´amore non è un dogma, non qualcosa che si possa prescrivere: va bene dunque anche un cesareo, va bene anche l´impossibilità di allattare, purché non sia pregiudicata la relazione d´amore tra la madre e il suo bambino. Ibu lo sa: lei ha subito una nascita violenta ed è stata allattata con il latte artificiale: a questo attribuisce una certa carica di aggressività che ancora non è riuscita a superare (e che a noi, guardandola, appare impensabile). Rimanere in contatto con il proprio cuore, dice, è ciò che di meglio possiamo fare per i nostri bambini.

Come riassumere tutte le altre cose che ci ha trasferito, non solo attraverso le parole ed il bellissimo filmato fatto in collaborazione con l´Associazione Il Melograno e Tiziana Valpiana, ma attraverso il suo semplice essere dono?

E come riassumere tutti gli altri interventi - come quello di Chiara Pozzi, ad esempio, con la sua splendida idea di una Farmacia (la sua Farmacia) che accoglie le donne perché non credano che "avere o non avere latte è una questione di fortuna: s´è mai vista una cerva che non abbia latte? E la leche league non esiste per le cerve...."

E mentre Chiara parlava il suo bambino le sussurrava "mamma ho già aspettato tanto....", e l´altro giocava un po´ più in là, e nel pancione un altro ancora forse sonnecchiava, e suo marito con immane pazienza ci riprendeva tutti e traduceva per tutti : con quanto amore tutta la famiglia porta avanti questo meraviglioso progetto!

E poi tutti gli altri interventi...ognuno col suo contributo, ognuno con la propria emozione, chi con le mani giunte intorno al microfono chi con la voce rotta... E Ibu che ringraziava tutti con un abbraccio, così lontana dal modo formale a cui siamo avvezzi: tutti, seriosi o no, uomini e donne, anziani o giovani.

Oggi ho capito, stretta vicino agli altri Cerchi emozionati quanto me, che questa nostra scelta è veramente una scelta di vita, una scelta che ci sta arricchendo enormemente. A guardarci indietro, solo gemme; a guardare avanti, già se ne scorgono di nuove...

Daniela Thomas

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